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La Chiesa di San Rocco a Venezia: tra reliquie, arte, storia e leggenda

A volte passa in secondo piano, per la presenza  della vicina superba Scuola di San Rocco, considerata il tempio dell’arte di Tintoretto. A volte le si transita frettolosamente davanti, in direzione Rialto. A volte, semplicemente, ci si scorda dell’enorme rilevanza che le reliquie ebbero nei tempi antichi, e fino almeno alla metà dell'Ottocento. Ma nessuno di questi è un valido motivo per mancare una visita alla Chiesa di San Rocco.

Chi era San Rocco, il cui corpo si conserva in questa chiesa (fig. 1)?

Fu uno dei più importanti santi tardo-medievali, perché taumaturgo (compiva miracoli) e apotropaico (invocato a protezione dei devoti per scongiurare sciagure, specialmente le epidemie di peste). Vissuto probabilmente tra il 1340 e il 1380 circa, il suo racconto biografico è intessuto di leggenda. Era nato a Montpellier, in Francia, ed era stato destinato dalla famiglia a diventare medico. All’età di circa vent’anni, abbandonò la sua agiata vita e si mise in pellegrinaggio verso Roma, dove conobbe il flagello sanitario dell’epoca: la peste. Dedicatosi per lungo tempo alla cura e al sollievo degli appestati, egli stesso contrasse il morbo. Si ritirò in un bosco nelle vicinanze di Piacenza, dove secondo la leggenda ogni giorno un cane lo sfamava con del pane, e un angelo lo dissetava con acqua. Per tale ragione, nella più consolidata iconografia (fig. 2), Rocco mostra le vesti di un pellegrino, porta i borzachietti ai piedi, in mano stringe il bordone (bastone per appoggiarsi lungo il cammino), e mostra il bubbone comparsogli sulla gamba, vicino all’inguine, a causa della peste. Tuttavia, dopo quaranta simbolici giorni, il fedele Rocco che tanto confidò nel Signore… guarì! Nel tragitto verso casa, nel ducato di Milano fu catturato, scambiato per una spia, e messo in prigione a Voghera. Qui dopo pochi giorni morì. Fu canonizzato forse già nel 1414. Fin dalla sua morte, e prima della sua santificazione, Rocco venne invocato come principale protettore degli appestati.

Come mai allora il corpo di San Rocco si trova a Venezia? Nel 1485 i veneziani portarono il corpo di Rocco a Venezia. Come e perché lo fecero sono questioni su cui gli storici hanno dibattuto per secoli. Alcuni credono che il furto delle reliquie sia stato deliberatamente commissionato dalla Scuola di San Rocco per accrescimento di prestigio; altri che il frate camaldolese Mauro portò il corpo di Rocco da Voghera a Venezia per soddisfare un voto personale: avrebbe anche lasciando indietro un braccio di Rocco, perché anche quella chiesa ne continuasse a serbare una porzione. Ciononostante, le versioni della morte di Rocco sono plurime, e ad esempio il biografo Francesco Diedo, nel 1479, commenta che Rocco morì nella natia Montpellier. Quale sarà la leggenda e quale la realtà, per ora non sappiamo affermarlo.
Sia quel che sia, la prima chiesa di San Rocco a Venezia fu edificata da Bartolomeo Bon, all’indomani del trafugamento del corpo del Santo. Dell’originaria struttura medievale sopravvive solo parte dell’area absidale. La struttura tombale che vediamo oggi è ancora quella originale, costruita tra 1517 e 1524 su disegno di Venturino Fantoni. Si apprezza anche l’originale coperta dell’urna, dipinta con Storie di Rocco da Andrea Schiavone, che cela per diritto canonico le reliquie del Santo, esposte solo il 16 agosto.

La chiesa vanta molte bellezze artistiche.
I due più noti capolavori sono custoditi sulle pareti del presbiterio. Si tratta di due teleri che Tintoretto dipinse nel 1549, ben prima dell’inizio della sua avventura alla vicina Scuola Grande. Quello della parete sinistra raffigura san Rocco in carcere, con sapientissimo uso della luce. Mentre in quello di sinistra si vede Rocco che visita gli appestati (fig. 4). Ambientato in un grande salone, che sarà assomigliato a un lazzaretto veneziano, rischiarati appena dalla fioca luce che entra delle poche finestre poste sulla destra, molti malati mostrano i loro corpi martoriati dai bubboni. Al centro Rocco, col capo circonfuso di luce e vestito da pellegrino, visita un malato che si è tolto le bende per mostrare il bubbone inguinale. Il cane Oreste lo accompagna quieto.

Almeno un  altro telero di Tintoretto merita attenzione: è collocato sulla parete destra, in posizione elevata, al di sotto delle finistre. Originariamente si trattava di due dipinti separati che ornavano le ante di un armadio della sacrestia. Furono poi uniti insieme, e nel Settecento il pittore Sante Piatti lo ingrandì per adattarlo al nuovo assetto della chiesa. Tintoretto aveva rappresentato Rocco appestato rifugiato nel bosco, mentre il fedele compagno Oreste lo raggiungeva con il pane mandatogli dal padrone del luogo. Piatti creò una finta cornice attorno al dipinto di Tintoretto, ponendo degli spettatori ai lati che ammirano e pregano presso il dipinto cinquecentesco. Davvero interessante! 


L’osservatore diligente non mancherà di notare che la chiesa possiede notevoli opere rococò, poste in seguito alla ricostruzione del 1725. Distaccano particolarmente le pale dei primi altari laterali, del grande maestro Sebastiano Ricci, che mostrano episodi miracolosi su cui i pellegrini potevano meditare quando visitavano la chiesa. Quella della parete sinistra commemora il rinvenimento della Santa Croce a Gerusalemme da parte di sant’Elena: racconta la Legenda Aurea che la madre di Costantino fece avvicinare un cadavere all’appena ritrovata croce del Cristo e questi immediatamente resuscitò. Quella di sinistra è dedicata a un miracolo di san Francesco di Paola, che riportò alla vita un bambino. 

Sara Grinzato

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